Stabat Mater
Nei venerdì di Quaresima e il venerdì santo, la tradizione liturgica ci invita a guardare la Madre che piange suo Figlio ai piedi della Croce. Assistere allo strazio di quella donna abbracciata al legno insanguinato ci immerge nel sacrificio di Cristo. Perché noi siamo spesso sordi, ciechi al dolore di Gesù, come a quello degli uomini, ma il dolore di una madre, a cui il cuore è stato trafitto come quello della carne della sua carne…! Come si può non soffrire guardandola, immaginandosi che cosa può provare? Come dice la sequenza dello Stabat Mater, composto quasi con certezza da Jacopone da Todi agli inizi del XIV secolo:
Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
in tanto supplício?
Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
doléntem cum Filio?
Chi non piangerebbe
al vedere la Madre di Cristo
in tanto supplizio?
Chi non si rattristerebbe
al contemplare la pia Madre
dolente accanto al Figlio?
Gesù ha affidato Giovanni a sua madre come suo figlio, mentre Lui, il Figlio della sua carne, l’Ecce Homo, veniva ucciso: con questo gesto Gesù ha consegnato all’immenso sacro cuore di Maria anche tutti i nostri dolori, che lei capisce, abbraccia, consola. Stiamo con lei in questi giorni che ci accompagnano alla Pasqua: non potremmo essere in mani migliori.
Durante questi giorni sono solita ascoltare uno dei tanti adattamenti in musica dello Stabat Mater, quello di Giovanni Battista Pergolesi (1735), interpretato con grande sensibilità da Claudio Abbado, registrato originariamente nel 1985 per la Deutsche Grammophon e poi inserito nella collana dello Spirto Gentil, collana diretta e commentata da Mons. Luigi Giussani (1997). Lo Stabat Mater ci guida nell’accompagnare Maria sotto la croce, ma la sua fine richiama, con quell’AMEN così poderoso che richiama seppure nel dramma già con grande speranza alla gloria della Resurrezione. Osserva don Giussani: «l’inno di Pergolesi ci aiuta a percepire la gioia misteriosa, la consolazione paradossale, la certezza piena di vigore e di sfida alle cose che accadono. Ci aiuta sempre; e veramente Pergolesi è come un fratello che sostiene nel nostro cammino la fede comune, la memoria comune, la fedeltà comune alla Madre da cui l’avvenimento, ogni momento, parte per investire la nostra vita…»
Eia, mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris fac,
ut tecum lúgeam.
Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.
Oh, Madre, fonte d’amore,
fammi provare lo stesso dolore
perché possa piangere con te.
Fa’ che il mio cuore
arda nell’amare Cristo Dio
per fare cosa a lui gradita.